ANGIOPLASTICA

Abbiamo già visto in una precedente scheda cos'è la coronarografia e come al termine di essa siano possibili tre scelte terapeutiche in base alla presenza e alla severità della riduzione del diametro della coronaria dovuta alla presenza di placche di aterosclerosi al suo interno (stenosi coronariche):

  • terapia medica
  • trattamento della o delle stenosi coronariche con angioplastica coronarica
  • trattamento chirurgico di rivascolarizzazione, il bypass aorto-coronarico

Attualmente, la possibilità di eseguire una angioplastica coronarica in un numero sempre maggiore di pazienti ha progressivamente ridotto il numero di interventi di bypass aorto-coronarico con indubbio vantaggio (minor periodo di ospedalizzazione, minor invasività, complicanze locali e generali).

L’angioplastica coronarica è una tecnica relativamente giovane. Nasce nel 1976 con Gruentzig che per primo trattò un restringimento di una coronaria posizionandovi un palloncino sgonfio che veniva successivamente gonfiato a pressione crescente fino alla rottura della placca colpevole del restringimento.

Tuttavia si osservò che spesso i vasi malati e trattati tendevano a restringersi nuovamente nella sede del trattamento (ristenosi). Nacque pertanto, a metà degli anni 80, lo stent metallico cioè una sorta di piccola retina metallica a forma di cilindro cavo (A) che veniva posizionata chiusa nel tratto di coronaria malato, solitamente dopo aver dilatato il restringimento con il palloncino, e quindi espansa in modo da assicurare nel tempo la pervietà del vaso (B).

Figura A   Figura B

L’incidenza di ristenosi si è così ridotta, ma in alcuni pazienti, (per esempio pazienti diabetici, con insufficienza renale, o con vasi coronarici di piccolo diametro), la reazione eccessiva della parete del vaso alla presenza dello stent può portare ad una successiva ristenosi per progressiva riduzione del diametro del vaso in corrispondenza dello stent. Nascono quindi, verso la metà degli anni 90, gli stent medicati. Questi stent non sono altro che stent metallici ricoperti con un farmaco cosiddetto “attivo” mutuato dalla oncologia che rilasciato lentamente riduce la proliferazione cellulare colpevole del restringimento all’interno dello stent.
Lo stent medicato comporta un maggiore rischio di trombosi dello stent se non si assumono regolarmente i farmaci ad azione antitrombotica. L’impianto di questo tipo di stent è, pertanto, al momento indicato nei pazienti ad alto rischio di ristenosi che possano assumere nel tempo una doppia terapia farmacologica antiaggrgante piastrinica

Mentre la coronarografia è un esame diagnostico, l’angioplastica è una procedura terapeutica di tipo interventistico che ci permette, ove possibile, di curare le stenosi delle coronarie. Lo scopo della angioplastica è quello di ripristinare il calibro originale del vaso coronarico ristretto. Solitamente viene eseguita al termine della coronarografia di cui utilizza lo stesso accesso vascolare (arteria femorale o radiale), ma è una procedura più complessa e rischiosa. Richiede pertanto personale esperto nonché una accurata gestione della fase pre e postprocedurale.

Il paziente, già preparato per essere sottoposto alla coronarografia, non necessità solitamente di ulteriori aggiustamenti terapeutici. Tuttavia, in casi particolari, il medico che esegue la procedura può decidere di utilizzare in Sala di Emodinamica terapie aggiuntive in base ai risultati ottenuti (per es. somminstrazione di ulteriori farmaci ad azione antiaggregante piastrinica o farmaci anticoagulanti, esecuzione di tromboaspirazione ecc.).

La PTCA utilizza dei materiali dedicati quali:

  • il catetere guida, che viene posizionato all’origine del vaso coronarico ed è necessario a far passare al suo interno i materiali impiegati per la procedura quali ad esempio, il filo guida, il pallone e gli stent coronarici;
  • il filo guida è un filo di materiale flessibile, atraumatico, che deve penetrare nel lume coronario e fare da “guida”, come una rotaia, per il passaggio degli altri materiali;
  • Il pallone e gli stent (metallici o medicati) sono i materiali che permettono, introdotti sgonfi e gonfiati a livello del restringimento, di rompere la placca causa del restringimento (pallone) e di consolidare il risultato ottenuto (stent).

Per prima cosa si posiziona il catetere guida all'imbocco della coronaria che dobbiamo trattare (A); si fa quindi passare il filo guida all’interno del catetere guida e successivamente nel lume coronario, superando il punto in cui è presente il restringimento (placca di aterosclerosi); tale procedura necessita di grande attenzione e manualità perché, se mal gestita, può danneggiare la parete del vaso.

Una volta posizionato il filo guida all’interno della coronaria si procede con il palloncino che viene montato e fatto scorrere sul filo guida fino a raggiungere il punto dove si trova la lesione (stenosi) da trattare.

Qui il palloncino viene gonfiato a pressioni crescenti per un periodo oscillante tra 20 e 30 secondi. (B e C) Infine per consolidare il risultato si posiziona, con la stessa tecnica utilizzata per il pallone, lo stent (metallico o medicato).

Figura A

Figura B

Figura C

Abbiamo visto come l’angioplastica coronarica venga eseguita, nella maggioranza dei casi, al termine dell’esame diagnostico, cioè della coronarografia. In genere si distinguono tre contesti clinici:

  • angioplastica coronarica di elezione
  • angioplastica coronarica in corso di sindrome coronarica acuta (compresa l’angioplastica primaria)
  • angioplastica coronarica di salvataggio

L’angioplastica coronarica di elezione, viene eseguita con ricovero programmato, nei pazienti clinicamente stabili, in cui la valutazione clinica e/o gli accertamenti strumentali (ECG da sforzo; ecocardiografia da stress, scintigrafia miocardica perfusionale) hanno documentato la presenza di significative aree del muscolo cardiaco che ricevono un ridotto flusso di sangue (ischemia) verosimilmente per la presenza di stenosi coronariche importanti.

L’angioplastica coronarica nelle sindromi coronariche acute è una procedura che deve essere eseguita in urgenza, il prima possibile, in caso di infarto miocardico acuto con sopraelevazione del tratto ST, di cui rappresenta, in un sostanziale numero di casi, la migliore opzione terapeutica per disostruire il vaso coronarico dall’occlusione trombotica acuta, sovrapposta alla placca coronarica; nelle altre forme di presentazione delle sindromi coronariche acute ad alto rischio, l’angioplastica coronarica dovrebbe essere eseguita in tempi relativamente brevi (entro 72 ore dal ricovero).

L’angioplastica coronarica di salvataggio, infine, è l’angioplastica coronarica rivolta a quei pazienti con infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST, in cui il trattamento farmacologico (fibrinolisi) non è risultato efficace nel sciogliere il trombo responsabile dell’occlusione acuta della coronaria. Tale procedura deve essere eseguita nel minore tempo possibile, una volta constatata l’inefficacia della terapia medica.

Coronarografia

Coronarografia: coronaria destra occlusa (freccia) in corso di infarto miocardico acuto inferiore

Angioplastica

Angioplastica coronarica con impianto di stent (freccia): la coronaria destra occlusa in corso di infarto miocardico acuto è stata completamente ricanalizzata

Dopo la procedura, per un periodo variabile di alcuni mesi fino a circa un anno a seconda del tipo di stent impiantato, esiste la possibilità che nella sede dell’angioplastica/stent si possa formare un nuovo trombo (coagulo costituito prevalentemente dall’aggregazione di piastrine) che può restringere/occludere nuovamente il vaso trattato e causare nuovi episodi di ischemia o al peggio un infarto.
Per ridurre la probabilità che ciò avvenga è molto importante assumere continuativamente l’aspirina e il clopidogrel o la ticlopidina, cioè i due farmaci che agiscono riducendo la tendenza delle piastrine ad aggregarsi tra di loro e a formare pertanto un nuovo trombo all’interno dello stent.

È molto importante assumere continuativamente entrambi i farmaci alle dosi prescritte per l’intero periodo di tempo che le sarà indicato dal Centro Cardiologico/Cardiologo curante. L’opportunità di interrompere temporaneamente o sospendere tali farmaci o anche uno solo dei due deve essere valutata sempre dal Cardiologo curante/Centro Cardiologico.